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Il banchetto

Il banchetto

Il banchetto

“ I Celti talvolta organizzano, durante i loro banchetti, dei veri duelli. Sempre armati nelle loro riunioni, si dedicano a simulacri di duelli e lottano tra loro a mani nude; arrivano tuttavia talvolta fino alle ferite, si irritano allora, e se qualcuno non li separa arrivano ad uccidersi. Nei tempi antichi, quando era servito un cosciotto o un prosciutto, il più valoroso se ne attribuiva la parte superiore; se un altro desiderava prenderlo, avveniva tra i due contendenti un combattimento a morte.
[…]
Dopo aver steso della paglia sul terreno, i Celti mettono davanti a sé le vivande su tavole di legno che si alzano di poco da terra. Hanno come cibo pane in piccola quantità, ma molti pezzi di carne bolliti o grigliati su carboni o allo spiedo. Portano questi cibi alla bocca in modo pulito, ma alla maniera dei leoni, afferrando intere membra con entrambe le mani e dilaniandoli coi denti. Se un pezzo è difficile da afferrare, viene tagliato per tutta la lunghezza con un coltellino che ripongono in un contenitore apposito fissato al fodero della spada. Quelli che abitano sulla riva dei fiumi o dei due mari, interno ed esterno, mangiano anche del pesce, che arrostiscono dopo averlo marinato con sale, aceto e cumino. Utilizzano quest’ultimo nelle loro bevande. Non si servono dell’olio d’oliva a causa della sua rarità e, per mancanza di abitudine, lo trovano sgradevole. Quando i convitati sono numerosi si seggono in circolo, mentre il posto in mezzo è riservato al personaggio più importante. Colui che si distingue tra tutti per la sua abilità in guerra, per la sua nascita o per le sue ricchezze. Presso di lui siede colui che ospita e, alternativamente sulle due ali, tutti gli altri secondo il loro rango. Dietro si tengono i valletti d’armi, che portano lo scudo, e di fronte i portatori di lance: seduti in cerchio come i loro padroni, fanno festa nello stesso tempo. I servi fanno circolare le bevande in vasi di terracotta o d’argento […] i piatti su cui sono disposte le vettovaglie sono dello stesso genere, talvolta in bronzo, altre volte in legno e in vimini intrecciato.

La bevanda servita dai ricchi è il vino d’Italia o della regione massaliota: lo bevono puro o, più raramente, mescolato con un po’ d’acqua; presso coloro che sono meno abbienti si usa una bevanda fermentata a base di frumento e di miele; presso il popolo la birra che chiamano korma. Bevono dalla stessa coppa, a sorsi piccoli, ma frequenti”.

Posidonio, Storie, XXIII

Secondo lo studioso francese J. L. Brunaux (in Guerre et religion en Gaule):
“Posidonio ricopia un testo più antico (in ogni caso sensibilmente anteriore alla fine del II secolo a.C.) che è, in effetti, la descrizione di un banchetto molto ritualizzato tra guerrieri. La seconda parte del racconto riguarda un grande banchetto di varie decine di persone, e potrebbe trattarsi di quello di un esercito che festeggia regolarmente in questa maniera i legami che lo uniscono. Compaiono tre tipi di personaggi: i guerrieri propriamente detti, che si mostrano come delle specie di cavalieri, ciascuno con un posto assegnato corrispondente al suo merito riconosciuto dagli altri, sono seduti; i thyreofori o porta-scudo che stanno dietro il loro padrone e stanno in piedi; i dorifori o porta-lancia che sono seduti di fronte al loro padrone in un medesimo cerchio. Tutti questi uomini mangiano insieme, e le medesime portate. E il pasto permette una sottile mescolanza di questo insieme di piccoli gruppi formati generalmente da tre uomini (il “cavaliere” o “padrone”, il suo porta-scudo e il suo porta-lancia).”

Bruneaux identifica questi gruppi di tre uomini con la Trimarcisia di cui parla Pausania (vedi post).

“Il banchetto celtico, vera istituzione, praticato molto largamente dagli aristocratici, al di là della sua funzione primaria, quella di stabilire la convivialità tra i partecipanti, aveva come scopo essenziale quello di rifondare incessantemente la gerarchia della virtus. (…) L’aristocrazia celtica non esisteva che attraverso il giudizio dei pari.”

“E’ il banchetto che ha come funzione di illustrare la gerarchia dell’onore guerriero. Se questa non è messa in discussione durante il pasto, i convitati restano allo statu quo, quello che si fonda sui risultati militari, il numero di vittime, probabilmente dei crani tagliati, sui benefici di queste vittorie. Ma se qualcuno pretende di meritare il posto dell’aristos, o se quest’ultimo constata che la sua condizione non è unanimemente riconosciuta, le sfide verbali e armate hanno lo scopo di riformulare un nuovo ordine. Evidentemente, questi confronti rivestono il ruolo abitualmente ricoperto dalla guerra.”

 

Corredo necropoli Benacci tomba 953 Inizi del III sec. a.C.

Corredo con materiali per simposio dalla tomba 953 della necropoli Benacci di Bologna – inizi del III sec. a.C.

 

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I celti nell’iconografia: la stele n. 168 dalla necropoli della Certosa di Bologna

Capodanno Celtico di Milano

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