Conferenza “Antica stirpe o “recentissimi advenarum”? Un millennio (o quasi) di Italia celtica” – Parma, 1 febbraio 2024

[Foto di Insubria Gaesata, 2023]

Giovedì 1 febbraio 2024 sono stato invitato dall’Associazione Culturale Arkheoparma a tenere una conferenza sulla presenza celtica in Italia, nella sala conferenze dei Voltoni del Complesso Monumentale dalla Pilotta, a Parma.

Il titolo che ho scelto per l’incontro è stato Antica stirpe o “recentissimi advenarum”? Un millennio (o quasi) di Italia celtica, che vuole sottolineare l’antichità della cultura celtica italiana.

 

Trovate il video della conferenza in fondo a questa pagina.

Il quadro etnico dell’Italia settentrionale nel V sec. a.C. da Angelo Martinotti "Archeologia di uno spazio di confine tra Liguri, Etruschi e Celti alle soglie della storia"

Definire la presenza celtica in Italia significa anzitutto scontrarsi con una moltitudine di cliché che già in antico ammantavano una delle culture principali e fondative dell’Europa protostorica: invasori, stranieri, violenti, barbari.

Eppure quella italiana è una presenza antica al pari della cultura Villanoviana.

Nel 1800 con la definizione della Cultura di Golasecca l’archeologia riscrive l’antichità della presenza celtica nel nostro paese, a cui seguono innumerevoli rinvenimenti materiali che permettono di tracciare una mappa della celticità nazionale, confermando il tracciato della storiografia antica.

Non più solo invasori – il sacco di Roma generò un vero “metus gallicus” resistente ai secoli – ma co-artefici della costruzione politica, sociale ed economica dell’Italia nell’età del ferro, i Celti tornano così ad avere il loro posto nel quadro storico antico del nostro paese, parte integrante della Keltiké europea.

In chiusura dell’incontro un piccolo focus su una delle tombe celtiche più emblematiche dell’Emilia-Romagna: la sepoltura rinvenuta nel 1958 a Casaselvatica, nel comune di Berceto (PR). Potete approfondirla qui.

IL VIDEO DELLA CONFERENZA:

IL CONTENUTO DELLA CONFERENZA:

Alla domanda “Se dovessi fare una vacanza in un paese celtico, dove andresti?” molto probabilmente la risposta sarebbe la Francia (l’antica Gallia per eccellenza) o, ancor più facilmente, uno dei paesi della Celtic League (Scozia, Irlanda, Isola di Man, Galles, Cornovaglia e Bretagna).

Anticamente però la “keltiké” (la grande terra dei Celti) si estendeva dall’Atlantico ai Carpazi ed oltre, fino alla Turchia: una vacanza in un paese celtico potrebbe farci godere delle bellezze naturali della Romania o della Galizia, delle birre a bassa fermentazione della Germania del sud o di un bicchiere di ayran in un caffè di Ankara. Per non parlare di una buona fetta di torta Sacher con panna in una pasticceria viennese.

L'espansione della cultura celtica in Europa. Cartina di Le Monde-La Vie

Ma una vacanza sulle tracce degli antichi Celti potrebbe comodamente portarci in… Italia: dalla Lombardia al Piemonte, al Trentino al Friuli, in Emilia-Romagna o nelle Marche, dall’Umbria fino alla Puglia e, prendendo l’aereo o il traghetto, fino a Selinunte in Sicilia, sono riscontrabili tracce dell’antica presenza dei popoli celtici nel nostro paese.

In alcuni casi tracce molto visibili della presenza stabile e duratura, in altri casi tracce più leggere del loro passaggio e dell’ incontro/scontro con le genti locali.

È infatti in Italia, più ancora che in altri paesi europei che il mondo mediterraneo incontra il “barbaro” celta: la storiografia ci riporta che a partire dalla fine del V a.C. e l’inizio del secolo successivo la Penisola subì una serie di “invasioni celtiche” che sconvolsero l’assetto socio-politico ed economico dei popoli che vi abitavano. Chiusi venne assalita, Roma addirittura bruciata e saccheggiata dai Celti predatori in una narrazione che ha più di Mad Max o Ken Shiro che di realtà; l’Etruria Padana collassò sotto i colpi di bande guerriere capeggiate da antichi Thulsa Doom con elmi cornuti e sete di sangue etrusco-italico.

Già in antico però la voce dissonante di Tito Livio segnalava che i Celti che assaltarono prima Chiusi e poi Roma non furono i primi a penetrare nella Penisola e che una prima ondata migratoria era penetrata in Italia ben 200 anni prima di quei fatti sconvolgenti. Nella sua Storia di Roma (V, 33-34), Livio racconta del re dei Biturigi Ambigato che, al tempo di Tarquinio Prisco (616 a.C. – 579 a.C.) inviò suo nipote Belloveso in Italia dove fondò la città di Milano in un territorio che scoprirono chiamarsi “terra degli Insubri” (“ager insubrium”). Ironia della sorte, dei molti popoli maggiori o minori che accompagnarono Belloveso (Arverni, Senoni, Edui,  Ambarri, Carnuti e Aulerci) o penetrarono in Italia dopo di lui (Cenomani, Boi, Lingoni) fu proprio il nome del popolo dominante, i Biturigi, il primo a scomparire ed a sciogliersi nelle nebbie della storia celtica italiana: è solo Livio che ne parla e nulla, né l’archeologia né l’epigrafia ci riconduce a loro nel territorio degli antichi galli Insubri.

Guerrieri gallici rappresentati su cratere falisco (Louvre, inv. 9830001) da "A propos d'une scène de combat sur un vase falisque du musée du Louvre" di A.-M. Adam e V. J. Olivet

Si pone quindi un problema: se da oltre due millenni la “presenza scomoda” della civiltà romana in Italia è sotto gli occhi di tutti grazie alla sua architettura monumentale o alle sue opere agricole tutt’ora individuabili (un esempio sono le rovine degli acquedotti romani che punteggiano romanticamente le campagne del Centro Italia) e ci è manifesta in modo veemente, quella celtica sembra essere scomparsa nella nebbia della storia: non vi sono monumenti celtici che ci permettano di dire “qui stavano i Celti”. Non vi sono Pantheon, non vi sono ville, non vi sono statue equestri o Pompei celtiche. Il loro passaggio può quasi passare in sordina se non fosse per qualche tomba più o meno ricca, qualche necropoli, qualche spada o qualche gioiello. Così almeno potrebbe sembrare ad un occhio poco attento.

Quindi? Come potremmo fare una bella vacanza “celtica” nel Belpaese, se tutto ci rimanda a Roma o agli Etruschi e non ai popoli barbari che portavano i baffoni, il collare d’oro e i pantaloni?
Vedere le vie cave etrusche o le mura di Vulci è possibile ed è una splendida vacanza. Vedere l’Aosta romana è semplice perché sono ancora presenti le mura. A Milano possiamo ancora riconoscere il palazzo imperiale. Ma nulla ci rimanda alla Bononia gallica o agli abitati dei Senoni nelle Marche o all’oppidum di Acerrae che tanto impegnò i romani. Non sappiamo nulla della piazzaforte dei Taurini che venne assediata per tre giorni da Annibale Barca.

Nel 1800 nasce l’Archeologia celtica: in tutta Europa vengono scoperti siti e materiali con caratteristiche simili e ci si inizia a domandare a quale cultura appartengano. La nascente archeologia inizia a “tirare fuori” i Celti dalla terra ed iniziano ad essere collegate diverse scoperte con i nomi di popoli celtici che compaiono nelle fonti antiche.

In Italia, partendo da Golasecca, l’abate Giovanni Battista Giani riporta in vita – inconsapevolmente – la cosiddetta Cultura di Golasecca (IX-IV a.C.):

  • cultura celtica PRIMA delle invasioni riportate dalle fonti
  • parlano celtico già almeno dal VII a.C.
  • praticano la scrittura con un alfabeto mutuato dall’Etrusco settentrionale
  • praticano l’incinerazione
  • sviluppo proto-urbano
  • dialogano con Italia e Transalpe
Rilievo della situla della prima tomba di Sesto Calende - da "Celti d'Insubria"

La Cultura di Golasecca, soprattutto grazie all’apporto fondamentale della linguistica, viene riconosciuta come pienamente celtica prima dell’invasioni del 600 a.C. riportata da Livio o delle invasioni dell’inizio del IV secolo!

In quegli stessi anni di scoperte nasce l’archeologia celtica italiana grazie agli scavi intrapresi nella città etrusca di Marzabotto: nell’ottobre del 1871 a Bologna si tiene il V Congresso di Antropologia e Archeologia Preistoriche e gli scavi vengono visitati di archeologi francesi e svizzeri che vi riconoscono – tra gli importantissimi reperti etruschi – anche diversi materiali celtici più recenti di quelli di Golasecca e che attestano la presenza fisica dei Celti di cui parlano le fonti antiche.

Giunge il momento in tutta Europa, Italia compresa, di pensare ad una cronologia che permetta di comprendere le varie evoluzioni che l’archeologia e la linguistica stanno portando alla luce nella cultura celtica: H. Hildebrand (1872) propone una suddivisione cronologica per l’età del ferro in

  • più antica: Hallstatt
  • più recente: La Téne

P. Casltelfranco nel 1876 canonizza che la cronologia di Golasecca è coeva a quella di Hallstatt, cioè della più antica faces celtica. Mentre i celti che hanno abitato a Marzabotto fanno parte della seconda parte più recente, la cosiddetta Cultura di La Téne (ed infatti la città viene abitata da un piccolo gruppo celtico tra il 350 ed il 250 a.C., LTB2).

Materiali etruschi e celtici da Marzabotto

Si delinea così a poco a poco la mappa del popolamento celtico italiano che permette di seguire le evoluzioni degli ethne nel tempo fino al loro assorbimento da parte di Roma. Va detto che per diversi anni, soprattutto tra le due guerre l’interesse per la celticità italiana viene meno a favore della ricerca su Roma e della nascente Etruscologia.

Nella seconda metà del 1900 si assiste ad un nuovo impulso grazie ad una nuova generazione di archeologi e linguisti, ed anche grazie ad una serie di fortunati rinvenimenti che permettono sempre più di disegnare una “mappa” dei Celti in Italia e di disporli come in un Risiko sul territorio, seguendo così anche le varie fasi della loro presenza narrate dalla storiografia antica.

– CULTURA DI GOLASECCA: I PRIMI CELTI ITALIANI (IX-IV a.C.): la prima e più antica civiltà celtica italiana, che dialoga col mondo etrusco-italico, veneto e ligure

– VI-V a.C.: LE INFILTRAZIONI: in questi secoli l’Italia è percorsa da clan famigliari o piccoli gruppi celtici (artigiani, bande militari mercenarie), golasecchiani o d’Oltralpe, che sono riscontrabili grazie all’epigrafia e ad oggetti come le fibule e gli ornamenti personali. Spesso questi gruppi si inseriscono in contesti urbani ed intessono proficui rapporti con le élite locali

– IV A. C.: LA CLADES GALLICA: la cosiddetta Cultura di La Téne nasce in questo momento, tra V e IV a.C. grazie anche agli apporti culturali ed artistici derivanti dall’incontro tra nord e sud delle Alpi, mediato dalla Cultura di Golasecca. È il momento delle famose “invasioni” di cui parlano le fonti antiche, l’entrata ad effetto dei popoli celtici d’Oltralpe, precedute da secoli di incontri e dialogo (sempre per tramite di Golasecca):

  • migrazione organizzata e coordinata con Golasecca
  • “ver sacrum” per motivi socio-demografici e ricerca di terre da coltivare (Chiusi)
  • sacco di Roma (mito di Livio, realtà più asciutta di Polibio)
  • rapporto stretto con Dionisio I di Siracusa: i Celti su scala internazionale grazie al mercenariato
  • organizzazione “katà kòmas” (sparso) e non urbana (tranne per l’areale Insubre lombardo)
  • una nuova arte celtica: il cosiddetto stile “Waldalgesheim” o floreale continuo
  • inizio della coniazione della dracma padana nel nord Italia

III A.C.: CELTI vs ROMA: il secolo delle guerre feroci e sanguinose contro il nuovo astro nascente italiano, Roma. 

Bronzetto da Teano (CE): forse un gesate mentre scaglia un giavellotto (Gaesates: coloro che combattono con i giavellotti)

– LA II GUERRA PUNICA: Annibale Barca sfruttando il risentimento celtico verso Roma (218 a.C.: colonie di Cremona e Piacenza) apre il “fronte italiano”.

Gli stessi Celti lo aiutano ad entrare in Italia e per tutto il periodo della guerra avranno ruoli cruciali fino alla disfatta di Zama del 202 a.C.

Ammetto che è stato abbastanza straziante e difficile ridurre il III a.C. e la II Guerra Punica in 2 minuti. 

– II A.C.: LA RESA: Roma deve riportare ordine nella Cisalpina e stavolta in modo definitivo: inizia una serie di scontri violentissimi con Insubri e Boi (e Liguri) che porteranno alla resa definitiva degli Insubri e presa di Como (196 a.C.) e alla sconfitta definitiva dei Boi, su cui Roma è particolarmente aggressiva (192-191 a.C.).
I Boi emiliani sono percepiti come “estranei” dal contesto italiano: metà del territorio viene confiscato e sono costretti alla diaspora (ma l’archeologia ci consente di vederne ancora la presenza fino al I a.C.)

I Cenomani, anche se traditori, sono reintegrati nei patti e risparmiati.

Paradossalmente, all’avanzare dell’acculturamento romano ritorna attiva la coniazione della dracma padana (fino all’81 a.C.).

– II A.C.: LA ROMANIZZAZIONE: Stipula di trattati con i Celti transpadani:

  • no deduzioni di territori, ma la realtà Insubre viene smembrata e i popoli su cui dominava hanno dei trattati a sé
  • “Foedus iniquum” (Cicerone): mantenimento dello status quo dell’aristocrazia che inizia un processo di autoromanizzazione (Selbstromanisierung) degli usi e costumi

Le tombe testimoniano il progressivo assorbimento della cultura italico-romana.

La Cispadana celtica scompare: i Boi sono sottomessi, allontanati o segregati

  • costruzione della Via Emilia
  • creazione della colonia di Bologna (189 a.C.) e delle colonie gemelle di diritto romano di Parma e Modena (183 a.C.)

– I A.C.: LA CITTADINANZA: Viene creata la provincia Cisalpina (il governatore guida l’unico esercito in Italia) e si dà voce alla “causa transpadanorum” (Cicerone): rivendicazione di uguaglianza giuridica.

89 a.C.: LEX POMPEIA DE TRANSPADANIS che assegna il diritto latino ai transpadani non ancora latini o romani. Diritto di commercio, matrimonio, voto e residenza a Roma e il diritto di diventare cittadini per coloro che avevano ricoperto magistrature locali.

49 a.C.: CITTADINANZA (PLENUM IUS) grazie al dictator Cesare. I nuovi cittadini sono iscritti alle tribù romane:
Milano e Como – Oufentina
Ticinum – Papiria
Laus Pompeia – Pupinia

42-41 a.C.: la Cisalpina è unita all’Italia. Si cancella la memoria dei Galli, oramai pieni cittadini romani.

L’ELMO DI CASASELVATICA: l’ostentazione dell’ideologia guerriera

Elmo cornuto da Casaselvatica (Berceto – Parma)

Primo quarto del III a.C.

Rinvenuto nel 1958 in località Casino Pallavicino di Casaselvatica (Berceto) a oltre 800m slm.

Sepoltura ad inumazione in cassetta litica entro lastre in arenaria di un individuo di sesso maschile dell’età di 25-30 anni.

PROBLEMA: Celta o Ligure?

Potete approfondire la tomba del Guerriero di Casaselvatica qui

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